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Vi descrivo il restauro totale effettuato nella nostra officina di una moto belga ed esattamente una “FN Mod. 60-350 cc Tipo Standard” risalente al 1924.
Premetto che il motoveicolo in questione era stato precedentemente smontato non da noi e quindi lascio immaginare le problematiche legate alla gestione di alcune scatole di pezzi non catalogate in modo preciso. Il primo scoglio da superare è la catalogazione dei pezzi e, sulla base di documentazioni dell’ epoca, la scelta dei trattamenti da effettuare su ogni singolo elemento (verniciatura, cromatura, zincatura, brunitura ecc.). Una volta indirizzati tutti questi pezzi, precedentemente esaminati e verificati nella loro interezza nonchè revisionati ove occorre, alle dovute lavorazioni non rimane altro che ricomporre l’oggetto. Detto così sembra semplice ma quando non si lascia nulla al caso ciò assume l’ aspetto di un vero restauro di opera d’arte.
Ovviamente il motore con tutte le sue parti è sottoposto ad una revisione a partire dalla testata (in ghisa) alla quale vengono sostituite le guide valvole e rettificate valvole e sedi. Nel nostro caso il pistone è ancora in tolleranza e quindi si sostituiscono le fasce e per forza di cose tutti i cuscinetti e gli elementi di tenuta (feltrini). Il cilindro e la testata vengono verniciati a polveri (alta temperatura) e ricostruite tutte le guarnizioni (compresa quella tra testata e cilindro).
La pallinatura delle parti in alluminio, per riportarle all’ antico splendore, dimostra come la qualità delle fusioni fosse fuori dal comune per un oggetto di quell’ epoca e pone l’accento sull’importanza di questa moto che dimostra avere una modernità insospettabile. A tal proposito non si può non notare la soluzione delle valvole in testa quando quasi la totalità dei motori era a valvole laterali, la scelta di carter motori che si dividono secondo un piano orizzontale attraverso il quale sono alloggiati i cuscinetti, soluzione che troviamo sulle moto giapponesi a partire dagli anni ’60 oppure il cambio che non è separato ma ricavato nel carter motore stesso. La FN è veramente una moto di tutto rispetto ed è gradevole (meccanicamente parlando) mettere in fase il treno di ingranaggi che riporta marcature inequivocabili e di raffinata fattura.
Eccoci qui con il motore completamente rimontato, dopo aver revisionato anche il gruppo magnete d’accensione Robert Bosch (oggetto di prossime trattazioni) e i bilanceri che sono motati su rullini.
Passiamo ora al telaio, naturalmente rigido al posteriore, che ospita all’anteriore un’elegante forcella a parallelogramma con doppia molla laterale ed ammortizzatore a frizione (dischi di cuoio). Tutti gli snodi dell’avantreno sono accuratamente stati ripristinati nelle tolleranze e verificato il corretto funzionamento degli ingrassatori al fine di renderlo il più stabile possibile in quanto, benchè le velocità non siano eccessive, è meglio evitare eventuali oscillazioni dello sterzo.
Sterzo che come possiamo vedere è munito di ammortizzatore a frizione il che ci fa riflettere sulla predisposizione degli attacchi che offrono la possibilità di montare un sidecar, usanza comune fino agli anni ’50.
Una volta alloggiato il motore nel telaio lo rifiniamo col carburatore “amac” da noi già restaurato, inseriamo il serbatoio, rigorosamente del tipo sottocanna, provvediamo al montaggio dei rubinetti (anche loro restaurati), dei tubi benzina (cromati), dello scarico, dei cavalletti, ecc…
A proposito del serbatoio è da notare il logo della fabrica che è stato ricreato partendo da documentazione dell’epoca e che ritrae un fucile con una coppia di pedali i quali tradiscono la duplice valenza di una azienda costruttrice d’armi (Fabrique Nationale d’armes de guerre) che converte la sua tecnologia alla costruzione di mezzi da impiegare anche in tempo di pace.
Eccoci al montaggio delle ruote che, dopo aver avuto la revisione dei cuscinetti, ospitano dei pneumatici da 28 pollici e mostrano dei freni a cerchietto di raffinata fattura.
Il veicolo è quasi completo e dopo il motaggio della sella, dei bellissimi bauletti laerali (ai quali sono state ricostruite le cinghie in cuoio naturale), del faro elettrico risalente al 1926 (in origine ve ne era uno ad acetilene), possiamo amirare l’ eleganza indiscussa di una costruzione meccanica a misura d’ uomo che per certi versi esce dagli schemi suoi contemporanei e suscita in noi quel senso di perfezione meccanica che nei tempi moderni si va perdendo.
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